La Legge n. 76 del 20 maggio 2016, conosciuta come Legge Cirinnà, ha introdotto in Italia il riconoscimento giuridico delle unioni civili e delle convivenze di fatto. Sebbene regolati dalla stessa normativa, questi due istituti non sono sovrapponibili e producono effetti distinti, anche nel contesto funebre, cimiteriale e di cremazione.
Scopriamoli insieme.
Indice
Differenze tra unione civile e convivenza di fatto
Per unione civile si intende un istituto giuridico che riconosce e regola l’unione tra due persone dello stesso sesso, garantendo loro diritti e doveri simili a quelli del matrimonio.
La convivenza di fatto, invece, è una forma di unione riconosciuta tra due persone maggiorenni, eterosessuali o omosessuali, che convivono stabilmente e hanno un legame affettivo di coppia e reciproca assistenza morale e materiale, ma senza essere sposate né unite civilmente.
Uno degli aspetti chiave della Legge 76/2016 è che l’unione civile comporta una quasi assimilazione al matrimonio sotto il profilo giuridico, mentre la convivenza di fatto richiede specifiche designazioni per il riconoscimento di alcuni diritti.
Unione civile e diritti sulle spoglie mortali
La Legge Cirinnà stabilisce che la parte superstite di un’unione civile ha priorità decisionale in merito alla gestione delle spoglie mortali (salma, cadavere, resti mortali, ceneri o altro) della parte estinta. Tale principio si fonda sull’assimilazione degli effetti dell’unione civile a quelli del matrimonio, conferendo alla parte superstite una posizione di preminenza giuridica nelle decisioni relative alle pratiche funerarie, alla cremazione e alla destinazione delle ceneri.
Questa tutela si basa sul sorgere di un rapporto di affinità (art. 78 C.C.), che garantisce alla persona unita civilmente diritti simili a quelli di un coniuge, anche in ambito funerario.
Convivenza di fatto e scelte funerarie
A differenza delle unioni civili, nelle convivenze di fatto la legge non attribuisce automaticamente al convivente superstite il diritto decisionale sulle spoglie mortali del partner deceduto.
Tuttavia, il comma 40 consente ai conviventi di fatto di designarsi reciprocamente come rappresentanti per decisioni riguardanti la donazione di organi, le modalità di trattamento del corpo e le celebrazioni funerarie (tra cui la scelta della cremazione). Tale designazione, per essere valida, deve avvenire in forma scritta e autografa, oppure alla presenza di un testimone in caso di impossibilità a redigere il documento.
Conclusione: unioni civili e convivenze di fatto a confronto
L’elemento distintivo tra i due istituti risiede nella modalità di attribuzione dei diritti: mentre l’unione civile conferisce automaticamente alla parte superstite una posizione di priorità, il convivente di fatto deve essere esplicitamente designato come rappresentante.
Questa differenza non è di poco conto, in quanto implica che, in assenza di una designazione scritta, il convivente di fatto non ha automaticamente voce in capitolo sulle decisioni post-mortem, che riguardano il/la proprio compagno/a. Ciò evidenzia l’importanza di formalizzare le proprie volontà relative alla sepoltura, alla cremazione e ai riti funebri, per tutelarsi ed evitare controversie.
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